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Via libera allo spostamento dei cacciatori dal territorio di un Comune a un altro, anche se appartenenti a Regioni diverse, per la prosecuzione dei piani di contenimento dei cinghiali, che causano gravi danni alle produzioni agricole, oltre a rappresentare una seria minaccia alla circolazione stradale e, soprattutto in questo momento, un possibile veicolo di diffusione della Peste suina africana.

La precisazione arriva dalla Prefettura di Bologna, alla quale proprio ieri si era rivolta la Regione per una richiesta di chiarimento sull’interpretazione delle disposizioni che riguardano l’attività venatoria contenute nel Dpcm del 3 novembre scorso. Norme che hanno causato la sospensione dei piani di controllo faunistico per l’incertezza sulle regole da rispettare, suscitando la preoccupazione delle organizzazioni agricole.

L’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, ha accolto con grande soddisfazione il chiarimento: “Ringrazio la Prefettura per aver compreso il rischio che si potrebbe correre se venissero bloccati i piani di controlli del cinghiale. È un risultato importante per il territorio regionale per prevenire eventuali rischi di ordine sanitario legati all’epidemia di peste suina diffusa in altri Paesi europei, oltre che per scongiurare il ripetersi di gravi danni all’agricoltura”.

I chiarimenti della Prefettura

Può quindi proseguire l’attività venatoria rivolta alla caccia al cinghiale che viene svolta, precisa la Prefettura, “non solo dai cacciatori di selezione, che agiscono singolarmente, ma soprattutto dai cacciatori in braccata, che agiscono in gruppi composti da un minimo di 15 ad un massimo di 40 persone, oltre ai cani limieri usati per la caccia al cinghiale, con nominativi di cacciatori e zone di competenza individuati da ciascun Ambito territoriale di caccia (A.T.C.) e approvati dall’Amministrazione regionale Servizi territoriali agricoltura, caccia e pesca competenti per ciascuna Provincia (S.T.A.C.P.)”. In questo caso sono consentiti gli spostamenti dei cacciatori dal territorio di un Comune all’altro, anche se si trovano in Regioni diverse, “tenuto conto della funzione che quest’attività venatoria mira a realizzare in termini di prevenzione e controllo sanitario della diffusione della Peste suina africana, unitamente alla tutela dell’agricoltura e della prevenzione degli incidenti stradali”. Tutto ciò, ovviamente purché l’attività sia dimostrata in modo adeguato e nel rispetto delle misure di distanziamento sociale contenute nel Dpcm del 3 novembre e nell’ordinanza regionale del 12 novembre.

Il parere espresso dalla Prefettura di Bologna dà via libera anche all’attività di controllo faunistico svolta dai coadiutori sotto il coordinamento delle Polizie Provinciali purché autorizzati da ciascuna Polizia provinciale e sempre nel rispetto delle misure di distanziamento sociale.

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“Accogliamo positivamente la decisione della Regione che, prima in Italia, ha ridato il via libera all’attività venatoria per chi svolge attività di controllo faunistico, sotto il coordinamento delle Polizie Provinciali”. Commenta così Coldiretti Emilia Romagna il provvedimento di viale Aldo Moro che permette la ripresa della caccia giustificata da comprovati motivi di lavoro all’interno del territorio regionale. Ciò consente ai cacciatori di selezione a e quelli individuati dagli ATC di ricominciare la caccia ai selvatici, in particolar modo agli ungulati, che, complice anche lo stop dovuto alle misure anti covid, stanno causando numerosissimi danni alle colture degli imprenditori agricoli, ma si rivelano anche un grave pericolo per l’incolumità dei cittadini.

“Non più tardi di due settimane fa” continua Coldiretti regionale “avevamo denunciato il problema in seguito all’incidente che era costato la vita a un 63enne che aveva sbandato dopo aver evitato un cinghiale nel piacentino”.

L’ incontrollata proliferazione degli animali selvatici, con il numero dei cinghiali presenti in Italia che ha superato abbondantemente i due milioni, con una diffusione che ormai si estende dalle campagne alle città, rappresenta inoltre un pericolo per la salute – conclude Coldiretti Emilia Romagna – anche per i rischi provocati dalla diffusione di malattie come la peste suina. Un pericolo denunciato recentemente dalla stessa virologa Ilaria Capua che ha parlato del rischio effetto domino se oltre al coronavirus la peste suina passasse in Italia dagli animali selvatici a quelli allevati.

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«Gli agricoltori di Confagricoltura Emilia Romagna avanzano le proprie istanze; la Regione prontamente risponde». È corale il grazie all’Assessorato regionale all’Agricoltura da parte dell’organizzazione degli imprenditori agricoli, in merito all’azione intrapresa per favorire il proseguimento dei piani di controllo della fauna selvatica.

In particolare si tratta dell’attività venatoria legata al contenimento dei cinghiali sul territorio, resa alquanto difficile dalle misure anti Covid adottate a livello nazionale, ma ritenuta indispensabile al fine di scongiurare situazioni di pericolo per la pubblica incolumità, ingenti danni alle produzioni agricole e soprattutto impedire la diffusione della peste suina africana.

«La Regione Emilia-Romagna diventa così apripista nella gestione della fauna selvatica: per prima ha chiesto al Governo una deroga al limite comunale per gli spostamenti, almeno per la caccia al cinghiale e per dare la possibilità alle squadre di attivarsi», dichiara il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini.

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“Una nota esplicativa della Regione Emilia Romagna che dà risposta positiva alle nostre richieste, ovvero dare la possibilità ai cacciatori di cinghiale in braccata di esercitare questa forma di caccia anche al di fuori del proprio comune, ovviamente nel rispetto delle misure di distanziamento sociale disposte sia dal Dpcm del 3 novembre 2020 e dell’Ordinanza del Presidente della Regione Emilia Romagna del 12 novembre”.

Cristiano Fini, presidente di Cia Emilia Romagna, accoglie con favore il pronunciamento della Regione ai quesiti e alle sollecitazioni inoltrate all’Assessore all’Agricoltura Mammi. “Più che mai in questo periodo è necessario contenere il numero dei cinghiali per via dei danni alle colture, ma soprattutto per il potenziale pericolo di trasmissione della peste suina – precisa Fini – una minaccia in agguato visti i focolai che sono stati segnalati in Europa. Questa attività venatoria contribuisce a prevenire infezioni e contribuisce a tutelare gli allevamenti suinicoli oltre a contrastare i danni all’agricoltura. Ottima quindi l’azione di concertazione svolta dall’assessorato all’Agricoltura – conclude Fini – per raggiungere questo importante obiettivo”.


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