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Energia, guerra e inflazione: ostacoli in vista per il commercioLa spinta verso la ripresa economica è fortemente messa in discussione. Lo scenario generale è complesso e difficile, con la pandemia da Covid-19 ancora presente e con i problemi causati dalla carenza di materie prime, a partire da quelle energetiche con aumenti shock, poi la guerra in corso tra Russia e Ucraina con incertezza assoluta sulla durata, gli esiti del conflitto e gli effetti delle sanzioni.

In più la crescente e tangibile inflazione. Sono tanti gli elementi che si riflettono negativamente il 2022 incidendo sulle aspettative. Soffre anche la nostra economia emiliano-romagnola che nel 2021 era riuscita a incrementare il valore aggiunto, in tutti i settori, compreso il commercio al dettaglio. La tendenza positiva delle vendite si era infatti chiaramente rafforzata e il 2021 si era chiuso con un recupero delle vendite del 4,2 per cento. L’indicazione emerge dall’indagine congiunturale sul commercio al dettaglio realizzata in collaborazione tra Camere di commercio e Unioncamere Emilia-Romagna. È stata la crescita più ampia mai registrata dall’avvio della rilevazione, anche se non ha permesso di recuperare completamente il valore delle vendite realizzate nel 2019 rispetto al quale quelle del 2021 sono risultate ancora inferiori del 2,8 per cento.

Le tipologie del dettaglio

Disaggregando i dati economici in funzione della tipologia del commercio al dettaglio emergono notevoli differenze.  Nel complesso del 2021 la ripresa delle vendite è stata trainata dal boom dello specializzato non alimentare, sostenuto dal recupero dei consumi dilazionati in precedenza a seguito della pandemia, ma non si è estesa alle strutture dello specializzato alimentare.

In particolare, le vendite della distribuzione specializzata alimentare hanno subito un leggero e ulteriore taglio dello 0,6 per cento rispetto al 2020 tanto da risultare inferiori rispetto a quelle del 2019 del 2,7 per cento. Al contrario, le vendite delle imprese specializzate non alimentari hanno realizzato un notevole recupero superando quelle del 2020 del 6,5 per cento. L’ampiezza dell’arretramento subito nel 2020 ha fatto sì che il livello delle vendite del 2021 sia rimasto ancora ben lontano da quello del 2019 (-6,8 per cento).

Il dato complessivo nasconde poi una notevole differenziazione all’interno del comparto non alimentare. Le vendite realizzate dal dettaglio specializzato in abbigliamento e accessori sono aumentate del 6,2 per cento lo scorso anno, ma per il duro colpo subito nel 2020 sono risultate ancora inferiori rispetto a quelle del 2019 di quasi un quinto (-18,7 per cento).

Il recupero delle vendite delle strutture specializzate in prodotti per la casa e elettrodomestici è stato decisamente più marcato rispetto al 2020 (+10,6 per cento), grazie anche all’effetto bonus, e ha permesso al comparto di superare decisamente il valore realizzato nel 2019 (+3,7 per cento). Le vendite del complesso eterogeneo degli altri prodotti non alimentari hanno ottenuto un più contenuto recupero rispetto al 2020 (+5,5 per cento) e sono rimaste lontane (-4,0 per cento) rispetto al livello del 2019.

Ipermercati, supermercati e grandi magazzini che nel 2020 avevano beneficiato della situazione venutasi a creare, grazie a una maggiore capacità organizzativa, alla capacità di gestione della emergenza con la possibilità di effettuare consegne a domicilio, sono riusciti a capitalizzare un ulteriore, aumento delle vendite nel 2021 (+1,1 per cento) risultate così superiori dell’8,6 per cento a quelle del 2019.

La dimensione delle imprese

Il 2021 si è chiuso con un recupero delle vendite per tutte le classi dimensionali. Quelle delle strutture della piccola distribuzione sono salite del 4,2 per cento, ma il crollo che avevano subito nel 2020 le ha mantenute comunque al di sotto del 2019 del 6,3 per cento. Le imprese distributive di media dimensione hanno ottenuto un più limitato recupero delle vendite (+2,9 per cento), risultato insufficiente per avvicinare il livello antecedente alla pandemia rispetto al quale sono ancora inferiori del 5,1 per cento. Solo le imprese distributive di maggiore dimensione che avevano contenuto sensibilmente l’andamento negativo nel 2020 sono riuscite a superare le vendite realizzate nel 2019 (+1,8 per cento), avendo ottenuto il risultato migliore anche nel 2021 con il più ampio incremento delle vendite (+4,6 per cento).

 

Il registro delle imprese

Gli effetti delle misure di sostegno a favore delle attività introdotte a seguito della pandemia hanno condotto prima a un progressivo rallentamento della tendenza negativa alla riduzione della base imprenditoriale del commercio al dettaglio nel 2020 e, poi a una inversione in positivo e quindi a un rafforzamento della tendenza crescente nei due trimestri finali dell’anno.

Le imprese attive nel commercio al dettaglio sono risultate 42.898 al 31 dicembre 2021. Rispetto a un anno prima la consistenza è aumentata dello 0,4 per cento (+183 unità). L’andamento è sensibilmente migliore di quello a livello nazionale (-0,9 per cento).

In termini di forma giuridica la variazione rilevata in ambito regionale continua a essere frutto della composizione tra due tendenze contrarie. La prima e più rilevante è positiva, costituita soprattutto da un incremento delle società di capitale (+6,1 per cento, +296 unità) e dalla inversione in positivo per le ditte individuali (+65 unità, +0,2 per cento), forse anche per l’aumento delle imprese marginali che operano come forma di auto impiego. La seconda è negativa, originata da una veloce e ampia diminuzione delle società di persone (-2,0 per cento, -175 unità) Infine l’insieme assai meno numeroso delle cooperative e dei consorzi ha confermato la tendenza alla flessione nel trimestre (-1,5 per cento).

 


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