Home Bologna Un cuore fermo da 20 minuti prelevato ‘in trasferta’ in Toscana e...

Un cuore fermo da 20 minuti prelevato ‘in trasferta’ in Toscana e portato a Bologna in tempo per essere trapiantato



Ora in onda:
____________
Un cuore fermo da 20 minuti prelevato ‘in trasferta’ in Toscana e portato a Bologna in tempo per essere trapiantato
Équipe guidata dal professor Pacini, con parte dei chirurghi e del personale di sala coinvolto

Un paziente in attesa di trapianto a Bologna e un cuore, da donatore a cuore fermo, improvvisamente disponibile a Livorno a centinaia di chilometri di distanza, in un ospedale non sede di cardiochirurgia. Due équipe di cardio-chirurghi, rianimatori, infermieri, perfusionisti e specializzandi al lavoro contemporaneamente: una che si reca in Toscana per prelevare l’organo, salvaguardarne le funzionalità e trasportarlo in sicurezza a Bologna, dove l’altra è già pronta in sala operatoria per l’operazione, perfettamente riuscita. La persona ricevente oggi sta bene.

Un gioco di squadra straordinario, messo in campo dall’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna che ha permesso, per la prima volta in Emilia-Romagna, un prelievo di cuore da donatore a cuore fermo (ovvero non battente da 20 minuti) fuori regione in un ospedale non sede di cardiochirurgia. Lo ha fatto, portando “in trasferta” una squadra di professionisti e tutta la strumentazione per ricreare una sala operatoria cardiochirurgica. Il cuore è stato poi trasportato al Sant’Orsola, dove è stato effettuato il trapianto.

Un traguardo raggiunto grazie alla rete organizzativa e di professionisti che vede la collaborazione, oltre all’Unità Operativa di Cardiochirurgia diretta dal professore Davide Pacini e dei colleghi dell’ospedale in cui è stato prelevato l’organo, anche dei Centri Regionali di Riferimento Trapianti Emilia-Romagna e Toscana. Le procedure legate alla donazione, al prelievo e al trapianto richiedono infatti elevate competenze organizzative, di coordinazione e di programmazione, per mettere i professionisti nelle condizioni di intervenire tempestivamente, pur nel rispetto di tutte le normative, affinché il cuore possa arrivare al trapianto in ottime condizioni. La Cardiochirurgia del Sant’Orsola vanta un dato di sopravvivenza a 5 anni dal trapianto del 79%, contro una media nazionale del 73%.

“Un’altra vita salvata, e un altro importante passo avanti della nostra rete trapiantologica regionale, che si conferma sempre più punto di riferimento altamente innovativo a livello nazionale- commenta l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi-. Siamo veramente orgogliosi e grati per quanto è stato fatto: grazie alla generosità di chi ha donato il cuore, alla straordinaria competenza di tutti i professionisti coinvolti, alla collaborazione complessa ma perfettamente riuscita tra il Policlinico di Sant’Orsola, l’ospedale toscano e i due Centri di Riferimento Trapianti di Emilia-Romagna e Toscana, oggi possiamo dire di aver aperto una nuova fase per l’attività trapiantologica. Con lo scopo, che è sempre il primo e l’ultimo, di salvare quante più vite possibili”.

“Mettere in piedi un sistema in cui la squadra che preleva il cuore si sposta verso il donatore, anche fuori regione, e non il contrario garantisce una replicabilità e performance migliori della procedura- spiega Davide Pacini, direttore Cardiochirurgia dell’Irccs-. Così è possibile valorizzare anche donatori che si trovano in ospedali non sede di cardiochirurgia. Questo è molto importante se pensiamo che oggi con una cardiopatia, grazie all’offerta di terapie e di tecnologie, si vive più a lungo e meglio e si arriva nelle migliori condizioni al trapianto. Tutte considerazioni e prospettive che abbiamo affrontato in una recente pubblicazione e che saranno il cuore del prossimo ‘Bologna Heart Surgery Symposium’, il congresso che organizziamo a Bologna proprio in questi giorni e grazie al quale ci confrontiamo con professionisti da tutto il mondo su questi temi”.

“Un traguardo importante per tutta la rete trapiantologica nazionale, nella quale ci presentiamo ancora una volta capaci di eseguire con successo procedure complesse e dal carattere altamente innovativo- afferma Chiara Gibertoni, direttrice generale dell’Irccs Policlinico di Sant’Orsola-.  L’Irccs rappresenta un punto di riferimento di questo sistema, sia grazie all’eccellenza dei professionisti che grazie a strutture e tecnologie a disposizione dell’équipe. Un livello altissimo che ci impegniamo a migliorare costantemente per dare soluzioni sempre più ampie e nuove ai nostri pazienti e per fare della collaborazione con altri centri all’avanguardia massima espressione della cura”.

“Il traguardo raggiunto non esisterebbe senza la generosità dei donatori- aggiunge Erika Cordella, direttrice del Centro Riferimento Trapianti dell’Emilia-Romagna-. Questa donazione è ulteriore prova dell’importanza di farsi trovare pronti di fronte a nuove opportunità scientifiche, professionali e tecnologiche, con una rete non solo professionale ma anche operativa e organizzativa all’avanguardia. Ringrazio ancora una volta per questo il supporto e la collaborazione con i colleghi e le colleghe toscane e lo staff del Crt Emilia-Romagna”.

L’organizzazione del trapianto

Per il Sant’Orsola è il primo caso in cui viene effettuata la procedura in un ospedale fuori regione e che non è sede di Cardiochirurgia. Gli specialisti della Cardiochirurgia dell’Irccs, infatti, si sono recati nell’ospedale toscano e hanno prelevato il cuore applicando una tecnica che consente di salvaguardare le funzionalità degli organi e facilitare la ripresa del cuore.

L’Irccs ha quindi messo in campo due équipe complete contemporaneamente: una in partenza e una pronta al trapianto una volta arrivato l’organo.

La prima era composta da due cardiochirurghi ed uno specializzando, una infermiera strumentista di sala operatoria, due perfusionisti e due rianimatori. Ma anche tecnologie in trasferta: due differenti macchine Ecmo, strumenti specifici per la conservazione ed il trasporto degli organi e materiali che non possono essere presenti nelle sale operatorie prive di cardiochirurgia.

L’altra equipe, composta da due cardiochirurghi ed uno specializzando, un perfusionista ed un anestesista, oltre alla strumentista e al personale di sala, ha effettuato il trapianto, coordinata con i colleghi in arrivo preparandosi in base alle caratteristiche del ricevente. I pazienti possono avere esigenze molto diverse, infatti, legate ad interventi pregressi o se portatori di device meccanici.

Il trapianto con “donatore a cuore fermo”

Il prelievo di un organo a scopo di trapianto viene sempre eseguito su un cadavere. La procedura si può però differenziare per le modalità di accertamento della morte del donatore: una attraverso criteri neurologici (comunemente conosciuta come “morte cerebrale” e caratterizzata per il prelievo degli organi a cuore battente), l’altra attraverso criteri cardiaci. Il secondo è il caso della donazione “a cuore fermo”. Per questa procedura la legge prevede, in Italia, un tempo di attesa e di osservazione prima del prelievo dell’organo di 20 minuti, contro i 5 minuti della maggior parte degli altri Paesi europei.

La maggior parte dei trapianti è ancora oggi legata alle morte encefaliche, ma le donazioni “DCD” (Donazione dopo la “morte cardiaca” o a “cuore fermo”) per organi come i reni, il fegato o i polmoni crescono anno dopo anno.

Trapianti in Emilia-Romagna: il CRT esempio di collaborazione e organizzazione

Il Centro Riferimento Trapianti dell’Emilia-Romagna rappresenta un modello pionieristico, primo esempio in Italia con una struttura dedicata a rendere più efficiente la collaborazione tra gli ospedali in tema di trapian8. Pochi anni dopo l’istituzione, infatti, è stato preso come esempio per la stesura della legge nazionale in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti (legge 91 del 1999).

È una struttura regionale opera8va-ges8onale con sede presso l’Irccs Policlinico Sant’Orsola con l’obiettivo di far funzionare al meglio il percorso di donazione e trapianto di organi e tessuti, che in Emilia-Romagna è organizzato secondo il modello ‘Hub&Spoke’ e garantisce quindi il collegamento tra centri di alta specializzazione e gli ospedali del territorio con le sedi donative, i centri trapianto, le sedi delle banche di tessuti e cellule in rete tra loro. Il Centro fa anche riferimento al ministero della Salute (Centro Nazionale Trapianti).
Proprio grazie a questa competenza nel 2024 l’Emilia-Romagna è arrivata a quota 70 donazioni (tra rene, fegato, polmone e cuore) da paziente a cuore fermo: pari quasi al 24% del totale nazionale dei donatori DCD. Numeri già in crescita nel 2025, con già 42 donatori DCD in Emilia-Romagna.
In 26 anni la rete ha prodotto oltre 5.700 segnalazioni di potenziali donatori, 3.200 dei quali divenuti poi effettivi dopo le verifiche del caso. Grazie alla loro generosità sono stati realizzati più di 730 trapianti di cuore, oltre 3.450 di fegato (44 dei quali da donatore vivente), più di 4.430 di rene (530 dei quali da donatore vivente), oltre un centinaio di polmone e una cinquantina di intestino. In totale il Crt ha garantito il corretto utilizzo di oltre 9.000 organi, offrendo una nuova possibilità di vita a ben 8.288 persone.

La Cardiochirurgia dell’Irccs diretta dal Professor Davide Pacini

L’Irccs Policlinico Sant’Orsola è l’unico ospedale a eseguire trapianti di cuore in Emilia-Romagna. Da gennaio ad oggi sono stati effettuati 28 trapianti di cuore (4 da donatori DCD). Un numero da record, già superiore a quello dello scorso anno, che posiziona l’Irccs tra i primi centri in Italia per numero di interventi. Non solo: quello del Sant’Orsola è stabilmente il centro che garantisce la più alta sopravvivenza post-intervento in Italia: la sopravvivenza a 5 anni dal trapianto è al 79%, contro una media nazionale del 73%.

Inoltre, è l’unico centro cardiologico-cardiochirurgico in Italia a vantare la possibilità di seguire il paziente dalla diagnosi prenatale a tutta l’età adulta garantendone una presa in carico totale durante l’intero arco di vita e offrendo a tutte le fasce di età l’opzione del trapianto e delle assistenze meccaniche.

Come conferma una recente pubblicazione professionisti dell’Irccs, il trapianto di cuore da donatore DCD ha dimostrato di poter espandere il numero di cuori disponibili per il trapianto, con conseguente aumento del numero di trapianti a livello nazionale e mondiale. Il futuro della donazione da questo tipo di donatori si prospetta ricco di potenziali sviluppi, grazie ai progressi tecnologici, all’ottimizzazione dei protocolli e all’evoluzione delle normative.

Elementi importanti nel trattamento delle cardiopatie terminali, perché il trapianto cardiaco costituisce spesso l’unica opzione praticabile, in particolare in termini di sopravvivenza e di qualità della vita. Lo sviluppo e l’ottimizzazione della terapia medica ha ridotto in modo significativo la mortalità dei pazienti con cardiopatia, consentendo loro di raggiungere gli stadi terminali della malattia e quindi aumentando il numero dei possibili candidati a trapianto.

Una delle ragioni riguarda i progressi tecnologici nello sviluppo di macchine atte a vicariare la funzione cardiaca. E se parallelamente il pool di donatori rimane insufficiente a rispondere alla domanda trapiantologica, risulta comunque fortemente incrementato grazie a strategie multiple, in particolare l’aumento dell’età dei donatori, le campagne di sensibilizzazione, la ricerca sullo xenotrapianto e l’utilizzo di cuori da donatori con criteri di morte cardiocircolatoria.

 


Previous articlePiù costi sociali dai dazi Usa, lo Stato aiuti le imprese dell’export
Next articleItalia campione del mondo, generazione fenomenale per volley femminile