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L’economia dell’Emilia-Romagna era in ripresa, poi gli aumenti e la guerra in UcrainaI numeri che raccontano l’andamento dell’economia dell’Emilia-Romagna nel 2021 e il primo scorcio del 2022 sono positivi, a testimonianza della capacità delle imprese di rialzarsi dopo i durissimi colpi subiti dalla pandemia, e di essere pronte a reagire alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e all’aumento prorompente dei costi dell’energia.

Ma sui risultati economici raggiunti pesa la forte preoccupazione per il conflitto armato, scatenato dalla Russia in Ucraina, che ha aperto uno scenario pieno di incognite e incertezze fatto da limitazioni oggettive e dall’impossibilità per molte imprese di operare e commercializzare con i partner dei Paesi in guerra.

Le incognite legate al tragico divampare della guerra condizionano in modo pesante le prospettive della ripartenza post pandemia che era avviata, come confermano i dati dell’indagine congiunturale relativa al quarto trimestre e anno 2021 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

Il 2021 è stato infatti caratterizzato da una forte ripresa a “V” dell’attività economica, con un rimbalzo della produzione dell’11,5 per cento rispetto all’anno precedente. Le pressioni sull’andamento dei prezzi derivanti dall’aumento delle materie prime, dei prodotti energetici e dalle difficoltà delle catene di fornitura internazionali hanno portato a un incremento più sostenuto del fatturato (+13,2 per cento), con dinamica simile per il mercato interno ed estero (+13,5 per cento).

I dati attestano la capacità del sistema industriale regionale di reagire e adottare forme organizzative (turni, distanziamenti, smart working, protocolli sanitari e quant’altro) che hanno permesso la ripresa dell’attività, a regimi elevati, tanto che nel complesso del 2021 la produzione è risultata solo marginalmente inferiore a quella del 2019 (-0,1 per cento). Per le tensioni sui prezzi il fatturato dello scorso anno ha già superato quello del 2019 (+2,1 per cento) e grazie anche alla maggiore tenuta dei mercati oltre confine, durante la recessione la componente estera è risultata ancora superiore rispetto a due anni prima (+6,6 per cento). Nel 2021 il complesso degli ordini ha sopravanzato del 3,8 per cento quello del 2019, e solo quelli esteri addirittura dell’8,2 per cento.

 

Tutti i settori considerati dall’indagine hanno messo a segno un recupero rispetto al 2020, anche se diverso è il quadro a raffronto con il 2019. L’industria alimentare ha conseguito una crescita della produzione contenuta nel 2021 (+4,8 per cento), ma grazie alla ridotta recessione subita nel 2020 ha pienamente recuperato il livello del 2019, superandolo anzi dell’1,6 per cento.

Le industrie della moda hanno recuperato (+5,8 per cento), rispetto al crollo del 2020, ma il livello dell’attività è ancora lontanissimo dal 2019 (-15,6 per cento).

Notevole la ripresa della piccola industria del legno e del mobile (+13,2 per cento) che è quasi riuscita a recuperare il livello del 2019 da cui dista meno di due punti (-1,6 per cento).

L’industria della metallurgia e delle lavorazioni metalliche ha fatto registrare il più ampio incremento della produzione nel 2021(+14,8 per cento), ma il livello di attività è risultato solo leggermente superiore a quello del 2019 (+0,9 per cento) a causa della severa recessione del 2020.

Al contrario, nonostante un incremento più contenuto lo scorso anno (+13,8 per cento), la maggiore capacità di tenuta dimostrata nel 2020 ha permesso all’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto di sopravanzare il livello di attività del 2019 di un 2,7 per cento.

L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” (che comprende le industrie della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) ha chiuso il 2021 in linea (+10,3 per cento) con il risultato produttivo medio regionale, appena inferiore rispetto a due anni fa (-0,8 per cento).

La presenza sui mercati esteri è stato un fattore di resistenza nel 2020 e di sostegno alla crescita nel 2021, tanto che tra i settori considerati dalla congiuntura solo le industrie della moda, fatturato e ordini esteri non hanno recuperato i livelli del 2019.

Il recupero dell’attività produttiva ha interessato tutte le classi dimensionali di impresa ma con una marcata correlazione tra grandezza e andamento congiunturale.

Le imprese minori sono riuscite a ottenere un incremento della produzione dell’8,1 per cento nel 2021, ma il livello d’attività raggiunto è ancora inferiore a quello del 2019 del 7,6 per cento. Le piccole imprese con un recupero dell’11,7 per cento lo scorso anno hanno quasi raggiunto il livello del 2019 (con -0,5 per cento di margine). Sono state le imprese medio-grandi però a ottenere il più ampio incremento della produzione nel 2021 (+12,5 per cento), ma soprattutto hanno recuperato pienamente il livello 2019 fino a superarlo del 2,9 per cento.

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto a fine anno risultavano 43.558 (pari all’10,9 per cento delle imprese attive della regione), con una lieve diminuzione corrispondente a 109 imprese (-0,2 per cento) rispetto all’anno precedente.

Per quanto concerne la forma giuridica delle imprese, rispetto alla fine del 2020, si rileva ancora un aumento delle società di capitale (+1,9 per cento, +321 unità), giunte a rappresentare il 40,5 per cento delle imprese attive dell’industria, grazie all’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata che ha avuto un effetto negativo sulle società di persone, che si sono ridotte (-391 unità, -4,6 per cento), seppur in misura minore tanto che ora costituiscono il 18,8 per cento del totale.

La flessione delle ditte individuali (-18 unità, -0,1 per cento) è marginale, e si è consolidata la loro quota sul totale delle imprese industriali regionali al 39,2 per cento del totale. Infine, è apparsa leggermente più contenuta la pressione (-3,1 per cento) sul piccolo gruppo delle imprese costituite secondo altre forme societarie (consorzi e cooperative) che ora rappresentano l’1,5 per cento del totale.

«I numeri del 2021 raccontano di un sistema economico in salute e in forte ripresa, un incremento del PIL senza precedenti con previsioni di una robusta crescita anche per l’anno in corso – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Alberto Zambianchi –.  L’aumento dei costi di produzione legati all’approvvigionamento di energia e delle materie prime aveva già fatto intravedere nubi all’orizzonte. Ora l’invasione russa dell’Ucraina apre a uno scenario completamente nuovo e pieno di incognite, soprattutto perché c’è la consapevolezza di essere di fronte a un evento totalmente fuori dal nostro controllo. Il moderato ottimismo di una uscita dalla crisi pandemica sfuma ed evapora, sovrastato dalla preoccupazione di una guerra dalla durata e dai confini incerti. Non ci resta che adoperarci nel tenere accesi i motori del nostro sistema produttivo. Questo significa dare supporto alle imprese maggiormente colpite dai riflessi della guerra, partecipare proattivamente alla definizione e attuazione delle azioni necessarie per dare forma e sostanza al PNRR, accompagnare imprese e territori nelle transizioni che ci attendono, digitale, demografica, ambientale ed energetica».

In Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, il volume di prestiti alle imprese è rimasto per tutto il 2021 all’incirca sul livello raggiunto a fine 2020 dopo un periodo di rapida ripresa sostenuta dall’erogazione di prestiti con garanzia pubblica e dalle moratorie. In particolare, la consistenza dei prestiti bancari all’industria è ai massimi dal 2012. Il progressivo esaurirsi delle misure straordinarie di supporto al credito e la graduale normalizzazione delle esigenze di liquidità delle imprese hanno indotto un fisiologico rallentamento della crescita dei prestiti nel corso del 2021, culminato con un lieve calo a fine anno, del -1,2% a/a in Emilia-Romagna. Questa variazione si raffronta con i picchi segnati tra fine 2020 e inizio 2021, che rappresentano i massimi degli ultimi 10 anni (+6,5% a/a a dic-2020). L’evoluzione registrata in Emilia-Romagna è coerente con quella osservata a livello nazionale.

All’interno dell’aggregato del credito alle imprese, in Emilia-Romagna si rileva un andamento dei prestiti all’industria ancora leggermente in crescita a fine 2021, del +0,5% a/a, che risente del confronto col ritmo eccezionale toccato a fine 2020, del +11,2%, anch’esso massimo della storia più recente. La dinamica dei prestiti ai servizi (tornati in leggero calo del -2,3% a/a a fine 2021 dal massimo di +7,2% a febbraio 2021) si è allineata alla crescita di quelli all’industria per gran parte dell’anno, dopo che i primi hanno mostrato una ripresa più lenta coerente con l’evoluzione delle riaperture e dei consumi di servizi.

Anche per quanto riguarda i prestiti per dimensione d’impresa i dati più recenti mostrano dinamiche uniformi. Rispecchiando il trend del totale dei prestiti alle imprese, i prestiti alle piccole imprese sono tornati in lieve calo a fine 2021, con una variazione allineata a quella del credito alle aziende più grandi (in Emilia-Romagna, rispettivamente -1% a/a per le società non-finanziarie fino a 20 addetti e famiglie produttrici e -1,2% per quelle con almeno 20 addetti).

In parallelo, la dinamica dei depositi delle imprese presso le banche resta molto sostenuta sebbene più moderata di quanto visto nel 2020 e nella prima parte del 2021, denotando il persistere di elevata propensione alla liquidità. Da maggio 2020 i depositi delle imprese hanno segnato una crescita a due cifre, con un graduale rallentamento nel 2021 sfociato in Emilia-Romagna in un aumento dell’8,8% a/a a fine anno, ancora molto sostenuto malgrado l’effetto base (a fine 2020 l’aumento era del 32,3% a/a in Emilia-Romagna). L’evoluzione è in linea con la media nazionale. Similmente, i depositi delle famiglie hanno confermato una crescita robusta, del 5,0% a/a a dicembre 2021 in regione, analoga a quella osservata a livello Italia (4,5%).

Nel 2021 l’afflusso di liquidità sui depositi bancari si è ridimensionato ma è rimasto ancora elevato, pari a 4,4 miliardi nell’anno per le imprese dell’Emilia-Romagna, importo equivalente a circa un terzo rispetto al 2020, ma più che doppio del 2019. A livello Italia la liquidità versata sui conti delle imprese è stata ancora molto elevata a confronto con gli anni precedenti e superiore a quella affluita sui depositi delle famiglie. Verso i depositi delle famiglie consumatrici dell’Emilia-Romagna il flusso netto registrato nel 2021 è stato pari a 4,9 miliardi, più contenuto del 2020, quando era risultato in linea col 2019.

 

Cristina Balbo, Direttrice regionale Emilia-Romagna e Marche Intesa Sanpaolo: «Le nostre imprese spiccano per propensione agli investimenti in tecnologie e sostenibilità, nonché per la capacità di valorizzare le filiere di prossimità e stavano tornando più velocemente del previsto ai livelli di fatturato pre-crisi, con livelli dell’export superiori anche a quelli del 2019. Dalla nostra esperienza ritenevamo quindi lecito attendersi un 2022 di recupero diffuso di tutti i settori a livelli pre-Covid, ma la crisi innescata dalla guerra crea condizioni di forte difficoltà e ulteriori motivi di incertezza che mettono a rischio la ripresa.

In questo frangente storico, da un lato siamo fortemente impegnati nel sostenere gli investimenti, che rimangono fondamentali per sostenere lo sviluppo delle imprese e del paese, soprattutto quelli strategici in innovazione tecnologica, digitalizzazione, transizione green e valorizzazione delle filiere. Da aprile a dicembre 2021 abbiamo erogato 1,3 miliardi di nuovo credito alle imprese dell’Emilia-Romagna. Dall’altro lato, consapevoli che ora molte imprese affrontano esigenze di liquidità e moratoria legate sia all’aumento delle voci di spesa che alla mancata riscossione di crediti, abbiamo messo a disposizione nuove misure finanziarie immediate per supportare le PMI energivore e quelle il cui fatturato potrebbe risentire maggiormente di un calo delle esportazioni, specie verso Russia e Ucraina».

L’indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna evidenzia un clima di fiducia ancora positivo, ma ridimensionato rispetto a metà 2021.  Da sottolineare che la rilevazione è stata realizzata tra gennaio e metà febbraio, prima della guerra russo-ucraina.

«Il conflitto tra Russia e Ucraina ha stravolto lo scenario geopolitico internazionale – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari ma è difficile valutare in quale misura impatterà sugli scenari dell’economia regionale. Solo poche settimane fa, prima dello scoppio della guerra, le imprese industriali dell’Emilia-Romagna esprimevano giudizi positivi sulle prospettive di crescita, nonostante i record di crescita dei prezzi delle materie prime, l’impennata del costo del gas e la ripresa dei contagi, ora fortunatamente in discesa».

Per la prima metà del 2022 un imprenditore su tre prevede un aumento della produzione, con un saldo ottimisti/pessimisti di +34 punti (era +46 punti a metà 2021). Migliori le aspettative sulla domanda totale, attesa in crescita dal 46,2% degli intervistati, con un saldo ottimisti/pessimisti di +38 punti (era +41 punti a metà 2021). Più caute le aspettative sulla domanda estera: un imprenditore su due prevede stazionarietà, con un saldo ottimisti/pessimisti di +28 punti, in linea con le attese espresse a metà 2021. Migliorano le prospettive sull’andamento dell’occupazione: circa un imprenditore su tre si attende un aumento.

Il clima di fiducia circa il primo semestre 2022 è legato come di consueto alla dimensione d’impresa: il saldo ottimisti/pessimisti sulle previsioni della domanda estera è infatti pari a +17 punti per le piccole imprese, +35 punti per le medie, +61 punti per le grandi.  I giudizi sull’occupazione vedono più ottimiste le grandi imprese (+34 punti il saldo) rispetto alle medie (+30 punti) e alle piccole (+22 punti).  Rispetto ai settori, i giudizi più positivi si registrano per i settori chimica/farmaceutica, metallurgia, meccanica e costruzioni per quanto riguarda la produzione. Per la domanda, totale ed estera, saldi positivi più elevati si riscontrano nella chimica, meccanica, gomma/plastica e ceramica. Per quanto riguarda l’occupazione, segnali più ottimistici per ceramica, meccanica e servizi. Segnali di inversione di tendenza dal settore tessile/abbigliamento, con saldi ritornati positivi dal punto di vista della produzione e della domanda.

«Oltre agli impatti diretti del conflitto – sottolinea il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – quello che preoccupa è il peggioramento del clima di fiducia che rende difficile programmare investimenti, frena i consumi e rischia di penalizzare soprattutto regioni come l’Emilia-Romagna, molto esposta sui mercati internazionali. Ci aspettiamo contraccolpi sulle nostre filiere e sulle quotazioni di metalli e altre materie prime, oltre all’aspetto ancora più grave legato alla forte dipendenza del nostro Paese dal gas russo.

L’allarme che abbiamo lanciato a metà febbraio –   conclude il Presidente Ferrari stimava per l’industria regionale una bolletta energetica che da 700 milioni del 2019 sarebbe passata quest’anno a 4 miliardi di euro. Questa stima, alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni, è già arrivata a 5,5 miliardi.  L’approvvigionamento energetico è un tema strutturale da affrontare con decisione. Dobbiamo avviare in tempi brevi le azioni che abbiamo proposto per rendere anche il sistema regionale il più possibile efficiente e indipendente dalle dinamiche dei prezzi energetici e dalle tensioni geo politiche attraverso un mix più virtuoso delle fonti, ed accelerare gli investimenti nelle rinnovabili.  Vanno riviste le scadenze temporali della transizione energetica, tenendo assieme gli obiettivi di sostenibilità con le esigenze della crescita, i tempi degli investimenti e l’occupazione, se necessario anche rimodulando il PNRR». 

Il Centro Studi Confindustria ha pubblicato di recente le stime sulla produzione industriale a livello nazionale, segnalata in calo a febbraio di -0,3% dopo una diminuzione di -0,8% a gennaio. Nel 1° trimestre 2022 la variazione acquisita sarebbe di -1,0%.  Gli effetti economici del conflitto russo-ucraino contribuiranno a generare ulteriori squilibri nell’attività industriale dei prossimi mesi peggiorando la scarsità di alcune commodity, rendendo più duraturi gli aumenti dei loro prezzi, oltre ad accrescere l’incertezza che rischia di compromettere l’evoluzione del PIL nel 2022.

 


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