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ROMA (ITALPRESS) – Un euro speso per la presa in carico sociosanitaria dei soggetti dipendenti fa risparmiare quattro euro di spesa complessiva; in termini economici, i fenomeni di dipendenza da stupefacenti e da alcol, generano un costo (diretto) annuo di assistenza per il Paese di 8,3 miliardi, di cui 7,0 miliardi il primo (considerando anche i poli-consumatori) e 1,3 miliardi il secondo, senza considerare i costi indiretti (perdite di produttività) ed i costi della patologie in parte riconducibili all’abuso di alcol, e il valore delle sostanze stupefacenti che viene stimato in circa 15,5 miliardi, portando l’impatto economico complessivo a 22,5 miliardi (1% del PIL italiano).
OISED, Osservatorio sull’impatto Socio-Economico delle dipendenze, il primo Centro Studi e think thank interamente dedicato allo sviluppo di analisi a supporto della governance e la sostenibilità del settore per la cura delle dipendenze, parla chiaro: ‘Servono azioni sugli standard organizzativi, sulla presa in carico precoce degli utenti, sulla continuità del trattamento attraverso un potenziamento dell’aderenza allo stesso potenziando anche la sfera psicosociale, e per farlo sono necessarie ulteriori risorse, che però, in base all’analisi contenuta nel Rapporto, generano complessivamente risparmi per la società’.
L’analisi e le considerazioni sono nel primo Rapporto elaborato dal nuovo Centro Studi interamente dedicato allo sviluppo di analisi a supporto della governance e la sostenibilità del settore per la cura delle Dipendenze, nato nel 2022 da una iniziativa congiunta del Centro di ricerca C.R.E.A. Sanità (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità) e di Ce.R.Co (Centro Studi e Ricerche Consumi e Dipendenze) con l’obiettivo di colmare le lacune nelle conoscenze e informazioni sul settore delle dipendenze, e favorire il confronto tra istituzioni e principali stakeholder.
La spesa complessiva per l’assistenza, spiega OISED, sfiora i 2,3 miliardi, di cui oltre 1,5 per la presa in carico nei Ser.D (Servizi per le dipendenze), in aumento nel post pandemia del +6% rispetto al 2019.
La spesa è diversa da Regione a Regione, con un gap di spesa pari a dieci volte tra la Regione con la spesa più alta e quella con quella più bassa (max 146,5 euro – min 14,1 euro).
Un tossicodipendente ha un costo (diretto) per il sistema Paese pari a circa tre volte quello di un soggetto con dipendenza da alcol. Rapportando il dato alla popolazione, il rapporto tra i due fenomeni sale a oltre cinque volte: si passa da 21,6 euro pro-capite per la dipendenza da alcol a 118,4 euro per quella da stupefacenti.
Nella sua analisi OISED valuta che le azioni finalizzate a contenere gli ‘esiti del fenomenò rappresentino un investimento, con risparmi per il Paese che, per ogni euro investito in termini di presa in carico socio-sanitaria (farmaci, incremento visite etc.), sarebbero pari ad almeno 4 euro.
Stesso discorso per i risparmi ottenibili con gli effetti di una riduzione del ricorso alla detenzione a favore di pene alternative alla stessa, quali inserimenti in strutture riabilitative, che consentirebbero un risparmio annuo di 59 milioni per ogni punto percentuale di riduzione dei casi ‘a rischiò.
Sono oltre 250.000 gli utenti in carico ai servizi per le dipendenze: 65,9% tossicodipendenti, 24,6% alcolisti, 6% con dipendenza da gioco d’azzardo, 3% da tabagismo e 1,3% con altre dipendenze (internet, social, sex addiction ecc.).
Analizzando le dipendenze maggiori, per quella da stupefacenti, prevalgono i maschi (86% dell’utenza), italiani (92,6%, per il 2,8% di soggetti provenienti dall’Africa Settentrionale e, per il restante 4,6%, di soggetti provenienti da Paesi americani e asiatici) e si tratta di un’utenza ‘giovanè: circa il 60% si concentra nella fascia d’età 35-54 anni, il 18,5% in quella 25-34 anni ed il 16,9% in quella 55-64 anni.
Anche tra gli alcolisti prevalgono gli uomini: il rapporto maschi/femmine è di 3,7, oltre il 70% degli utenti trattati hanno un’età compresa tra 30 e 59 anni; un terzo della casistica totale trattata si concentra nella fascia d’età 50-59 anni; i giovani al di sotto dei 30 anni rappresentano il 7,5 per cento.
Nella popolazione carceraria, i detenuti per reati connessi agli artt. 73 e 74 del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (spaccio di sostanze stupefacenti) rappresentano il 31,8% della popolazione carceraria. I detenuti tossicodipendenti (al 31/12/2022) sono 16.845, in aumento rispetto al 2015 del 25,1% (13.465 detenuti) e in riduzione rispetto al 2019 del -0,5% (16.934 detenuti). Il 32,9% dei detenuti è straniero (5.548 detenuti), dato in aumento rispetto al 2015 del +37,5% (4.034 detenuti) ed in riduzione rispetto al 2019 del -4,4 per cento.
In Italia, nel 2022, sono attivi 570 servizi pubblici per le dipendenze (SerD), articolati in 612 sedi: un SerD ogni 100.000 abitanti, passando da un valore massimo pari a 1,1 nel Nord-Ovest, a uno minimo, cioè 0,8 del Nord-Est (0,9 nel Centro); il Molise è la Regione con più SerD per 100.000 abitanti: 2,1, la P.A. di Trento quello con il valore minimo: 0,2. Friuli-Venezia Giulia e Lazio hanno un valore inferiore a 0,8, e Piemonte e Puglia un valore superiore a 1,5.
Nel periodo 2015-2022, il numero di SerD in rapporto alla popolazione si è ridotto del -11,2% ogni 100.000 abitanti. Questo soprattutto nel Nord: P.A. di Trento, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte hanno registrato una diminuzione rispettivamente del -67,4%, -49,6% e -37,9%. Aumento invece in Sardegna e Molise, (+64,1% e +23,3%).
Nei SerD, nel 2021, operavano 6.213 operatori dedicati all’assistenza delle persone con problemi di dipendenza da sostanze, escluso ad esempio il gioco d’azzardo e l’alcol: il numero si è ridotto del -6,2% rispetto all’anno pre-pandemico, attestandosi a 12,0 operatori ogni 100.000 abitanti (-0,8 unità rispetto al 2019), con un valore massimo pari a 13,9 nel Nord-Ovest del Paese, seguito dal Nord-Est con 12,3, dal Centro con 11,3; il dimensionamento minore si riscontra nel Mezzogiorno, ed è pari a 10,8 unità ogni 100.000 abitanti. La riduzione delle risorse umane rispetto al periodo pre-pandemico (anno 2019) ha interessato soprattutto il Nord-Est ed il Mezzogiorno: -8,4% e -6,1%, rispettivamente.
A livello regionale, il livello massimo di personale rispetto alla popolazione, pari a 20,13 unità (ogni 100.000 abitanti), si riscontra in Valle d’Aosta; la minima, pari a 7,9, in Basilicata e nella P.A. di Trento; Lazio, Abruzzo, Calabria, Basilicata e Sicilia registrano un valore inferiore a 19,0, Molise, Umbria, Emilia-Romagna, Liguria e P.A. di Bolzano e Friuli-Venezia Giulia un valore superiore a 14,0 unità ogni 100.000 abitanti.
Presso i servizi di alcologia, nel 2021, operano 4.326 unità, sebbene meno di un terzo lo è in modo esclusivo.
In media gli infermieri sono un terzo dell’organico (32,4%), poi medici (21,3%), psicologi (15,1%), assistenti sociali (13,9%), educatori professionali (10,6%), personale amministrativo (4,1%). Il 2,6% sono altre figure professionali.
Nel 2022 si registrano 20,1 utenti (ogni 10.000 ab.) con dipendenza da stupefacenti in carico presso i SerD, in riduzione del -9,3% rispetto al 2015.
Nello stesso anno sono stati effettuati 19.623 ricoveri ospedalieri associati a diagnosi (principale o secondarie) di patologie droga-correlate: l’89,3% (17.515) in acuzie, il 10,2% (1.997) in riabilitazione e lo 0,6% (111) in lungodegenza. Si tratta di ricoveri effettuati quasi esclusivamente (96,7%) in regime ordinario. Oltre l’80% sono in tre discipline: il 62,6% in psichiatria, il 10,1% nei reparti di recupero e riabilitazione funzionale e l’8,5% in medicina generale. A livello regionale, la Valle d’Aosta, con 59,7 ricoveri, registra il tasso più alto, la Campania, con 9,3, il più basso. Il ricorso all’ospedalizzazione è maggiore per il genere maschile: 42,4 ricoveri ogni 100.000 maschi vs 16,1 per le femmine.
Per la dipendenza da alcool, invece, nel 2022, risultano in carico presso i servizi di alcologia 12,4 utenti (ogni 10.000 ab.), in riduzione del -7,4% rispetto al 2015.
Nel 2022 si sono avuti 46.181 ricoveri ospedalieri associati a diagnosi (anche secondarie) di patologie alcol-correlate, di cui il 90,4% (41.769) in acuzie, il 7,6% (3.498) in riabilitazione e il 2,0% (914) in lungodegenza. Si tratta di ricoveri effettuati quasi esclusivamente (94,0%) in regime ordinario. Oltre l’80% dei ricoveri vengono effettuati in cinque discipline: il 40,7% in Medicina generale, il 19,5% in Psichiatria, l’11,3% in Gastroenterologia, il 7,5% in Recupero e riabilitazione funzionale e il 4,2% in Chirurgia generale. Il ricorso all’ospedalizzazione è maggiore per il genere maschile: 111,3 ricoveri ogni 100.000 maschi vs 28,8 per le femmine.
Sia per gli stupefacenti che per l’alcol, all’ospedale si accede spesso in emergenza-urgenza.
Oltre il 60% degli accessi al pronto soccorso per entrambi i fenomeni avviene con l’intervento del 118.
Per le droghe, nel 2022 si sono registrati 8.631 accessi al pronto soccorso (per abuso droghe o psicosi da sostanza psicotrope): 13,9 accessi medi ogni 100.000 abitanti. Il 42% ha riguardato persone tra 25-44 anni e quasi il 10% minorenni. Al 51% degli accessi al pronto soccorso è stata attribuita la diagnosi di psicosi indotta da droghe. Il livello di accesso massimo, 18,4 accessi ogni 100.000 abitanti, è nel Nord-Ovest, il minimo nel Mezzogiorno (6,2).
L’accesso al PS nel 2022 ha visto un incremento del 31% rispetto al 2021
Per l’alcol, sono stati effettuati 29.362 accessi al pronto soccorso, 59,6 ogni 100.000 abitanti, con il valore massimo nel Nord-Est (93,5) e il minimo (21,3) nel Mezzogiorno. Il 53,6% degli accessi è associato a un codice di triage verde (poco critico), il 32,0% a un codice giallo (mediamente critico), l’11,1% ad un codice bianco (non critico), il 2,5% a un codice rosso e lo 0,12% al decesso, mentre il 10,3% dei pazienti è ricoverato dal pronto soccorso in reparto e il 7,1% in OBI (Osservazione Breve Intensiva).
In base all’elevato impatto del fenomeno delle dipendenze, a livello organizzativo, giudiziario ed economico, OISED ritiene auspicabile: l’applicazione dei recenti standard organizzativi finalizzati ad allineare l’offerta al fabbisogno ‘realè, adattandoli agli specifici contesti organizzativi (con sviluppo e applicazione di indicazioni legislative); l’introduzione di percorsi di presa in carico degli utenti, trasversali tra servizi pubblici (ambulatoriali e ospedalieri), del privato sociale (servizi a bassa soglia, residenze e semi residenze, comunità etc.) e carcere, finalizzati a: aumentare il numero di nuovi utenti che i SerD possono prendere in carico al fine di prevenire il verificarsi di ‘esitì ed implicazioni a livello sociale (incidenti, denunce, etc.); garantire continuità nella presa in carico, in particolare per i detenuti stranieri messi in libertà;
attenzione alle fasce di età giovanili; garantire equità di trattamento; l’adozione di azioni finalizzate ad aumentare l’aderenza al trattamento, anche riducendo lo stigma, quali il potenziamento dell’approccio psicosociale, il ricorso ai recenti approcci farmacologici quali i long acting, etc..
Queste azioni richiedono evidentemente un incremento di risorse economiche che però, alla luce di quanto emerso dall’analisi, generano complessivamente dei risparmi per la società.
E per quanto riguarda l’impatto sul sistema giudiziario OISED sottolinea che sarebbe auspicabile che il momento terapeutico fosse sempre preminente rispetto a quello sanzionatorio e che, nella difficile ricerca di un punto di equilibrio tra pena e terapia, prevalesse sempre il rispetto del principio personalista e del corretto sviluppo della persona.
Dall’11 ottobre sarà possibile consultare la banca dati OISED – data che, con 40 indicatori aggiornati continuamente, consente l’analisi della situazione di tutti i parametri relativi alle Dipendenze sia a livello nazionale che di singole Regioni.
-foto Agenzia Fotogramma-
(ITALPRESS).


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