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Telepass, così era stata appositamente denominata l’indagine condotta sotto il costante coordinamento della Procura reggiana, dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Castelnovo Monti che aveva portato a un sodalizio criminale di matrice albanese, con compiacenze rumene e italiane, dedito allo sfruttamento della prostituzione di donne albanesi nel Reggiano, con attività pure nel traffico di sostanze stupefacenti.

Tra i nove indagati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Reggio Emilia su richiesta della Procura reggiana, concorde con gli esiti investigativi dei militari del nucleo operativo di Castelnovo Monti, 5 risultati irreperibili all’atto dell’esecuzione del provvedimento restrittivo non furono rintracciati. Due di loro ora sono stati arrestati.

Si tratta del 32enne E.H., arrestato nei giorni scorsi dalla Polizia di frontiera dell’aeroporto di Bergamo Orio al Serio dove è giunto proveniente dall’Albania e del 26enne H.M. con ultimo domicilio a Reggio Emilia ma di fatto irreperibile, arrestato dai carabinieri del nucleo operativo di Castelnovo Monti. Entrambi erano ricercati sull’intero territorio azionale, all’indomani dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in quanto resisi irreperibili.

Una complessa ed articolata attività investigativa quella avviata sin dal 2016 dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Castelnovo Monti nei confronti di un sodalizio criminale di matrice albanese con compiacenze rumene e italiane che ha consentito di ricostruire l’illecita attività di sfruttamento della prostituzione praticata da numerose albanesi in provincia di Reggio Emilia ed accertare anche a carico di alcuni degli indagati una parallela e altrettanta proficua illecita attività correlata al traffico di sostanze stupefacenti.

La Dr.ssa Giulia Stignani della Procura di Reggio Emilia, concordando con le risultanze investigative dei carabinieri, supportate da attività tecniche di intercettazione e da numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, aveva richiesto ed ottenuto dal GIP del Tribunale di Reggio Emilia una misura misure cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di 9 indagati.

Gli indagati, si ricorda, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere (art. 416 C.P.) finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione e, in concorso tra loro e nell’unità del disegno criminoso, di una serie di singoli reati della stessa indole (artt. 3 e 4 L. n. 75/1958, c.d. “Merlin”) pluriaggravati dalla commissione verso una pluralità di soggetti e talvolta verso congiunti, nonché di innumerevoli reati concernenti lo spaccio e la cessione di sostanze stupefacenti (art. 73 c.1 D.P.R. n. 309/90), perpetrati nell’ambito delle attività di gestione e controllo del meretricio nella città di Reggio Emilia, in favore di prostitute e clienti.

Al blitz eseguito alle prime ore degli inizi dello scorso mese di giugno tra la Lombardia e l’Emilia Romagna furono arrestati il capo dell’organizzazione ovvero la 35enne albanese L.S. residente a Rezzato (BS) finita in carcere e l’autista delle lucciole che si preoccupava di accompagnare le meretrici sul posto di lavoro (dietro compenso in danaro o natura attraverso prestazione sessuale) L.R. 61enne calabrese d’origine residente a Reggio Emilia finito ai domiciliari. In carcere finirono anche la 38enne rumena I.P. residente a Rezzato (BS) prima collaboratrice del capo dell’organizzazione che aveva tra i compiti quello di controllare le ragazze, contribuendo anche alla ricerca delle postazioni dove farle lavorare riscuotendo dalle stesse parte dei ricavati dell’attività di prostituzione ed E.O. albanese 27enne in Italia senza fissa dimora e rintracciato nel bresciano che aveva il compito di controllare durante l’attività le ragazze sfruttate.

Ai quattro si aggiungono gli odierni due arrestati mentre proseguono le ricerche dei restanti 3 componenti della banda ancora irreperibili e attivamente ricercati nell’intero territorio nazionale in quanto colpiti dalla stessa ordinanza di custodia cautelare in carcere.

L’indagine iniziata nel 2006 scaturiva da un’attività investigativa antidroga avviata di iniziativa dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Castelnovo Monti su una fitta rete di spaccio di stupefacenti (nel corso della quale sono state arrestate 17 persone e sequestrate diversi etti di cocaina e anche una pistola) localizzato nei centri della Val d’Enza, in provincia di Reggio Emilia,   a riscontro della quale nel gennaio 2017 veniva tratto in arresto un 36enne cittadino albanese, tra i cui contatti telefonici era presente quale fornitrice abituale di quantitativi di droga, una connazionale 32enne, risultata poi essere uno dei capi e organizzatori del sodalizio criminale.

La successiva attività tecnica, corroborata da numerosissimi servizi di osservazione e pedinamento, permetteva di ricostruire un quadro esaustivo delle attività criminali gestite dagli associati, consistenti in prevalenza sullo sfruttamento di dieci giovani donne provenienti dall’Est Europa, incentrato sul tratto di strada lungo la via Emilia a confine con la Provincia di Parma. L’indagine, convenzionalmente denominata “Telepass”, si è successivamente ramificata disvelando anche le azioni delittuose di una serie di soggetti di nazionalità albanese dediti stabilmente alla commissione di furti e rapine in abitazione.


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